IL CIRCUITO DI CORSA IN MONTAGNA DAL BALDO, BRENTA e LAGORAI

I N   A M B I E Z       2008
CAMP. PROVINCIALE INDIVIDUALE

PRIMA PAGINA
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INDICE GARA

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PERCORSO
E  PROFILO

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REGOLAMENTO
PROGRAMMA

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ALBO D'ORO
RECORD

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NON
 COMPETITIVA

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LA SOCIETA'
GIUDICARIE
ESTERIORI
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VAL d' AMBIEZ
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CLASSIFICHE

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F O T O

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  Nelle seguenti pagine viene raccontata la valle d'Ambiez. Il testo è stato tratto dal libro "GUIDA ALLA VAL D'AMBIEZ" scritto da GIORGIO ARMANI e stampato dalle Arti Grafiche Saturnia di Trento nel 1978.

Forma e contenuti vanno pertanto letti con la mente e gli occhi di chi, all'epoca, percorreva la valle e ne raccontava i luoghi 

Si ringraziano i familiari per la gentile concessione

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Le vie di accesso e di discesa 

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Da San Lorenzo in Banale al rif. Silvio Agostini (sent. SAT n. 325)

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L'itinerario qui descritto - che non presenta difficoltà di sorta - percorre l'intera Val d'Ambiez: tempo medio di percorrenza a piedi: ore 4 - 4,30.

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Appena oltrepassata la Chiesa Parrocchiale di San Lorenzo si abbandona la S.S. n. 241 e si imbocca la carrozzabile che conduce alle frazioni di Pergnano e di Senaso (da notare, sulla destra, prima la chiesetta di S. Rocco e poi quella di S. Matteo, patrono il primo di Pergnano ed il secondo di Senaso). Oltrepassata la frazione di Senaso (1), su strada ora polverosa, si attraversano prati e campi pianeggianti sino a dove comincia il bosco. Lasciata sulla sinistra la mulattiera che porta a Déngolo, masi di Jon e malga Àsbelz si giunge in breve a Baésa (m. 903) -circa 3 km. dal bivio sulla S.S.-

Sino a Baésa la carrozzabile è percorribile da qualunque tipo di autoveicolo. Dopo Baésa occorre eventualmente affidarsi ai mezzi fuoristrada.

1) La frazione di Senaso (m. 781) conserva ancora sufficientemente intatte le caratteristiche architettoniche dei tradizionali, antichi agglomerati abitativi. Il toponimo "Senaso" è nome personale di origine celtica (v. Senàcos, Sénoch, Henócus).

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Seguendo per breve tratto la mulattiera che porta verso i masi di Déngolo e di Jon e malga Asbelz, s'incrocia sulla sinistra il sentiero che sale da Doláso (frazione di San Lorenzo). Pochi metri dopo si stacca -sulla destra- la vecchia mulattiera per la Val d'Ambiéz (infatti la carrozzabile che oggi viene percorsa fu realizzata in occasione della esecuzione dei lavori idroelettrici della zona). All'incrocio trovasi un antico capitello. Proseguendo ancora si giunge in breve al ponte di Baésa (pont de Baésa). In questo tratto la mulattiera è pianeggiante; dopo il ponte diventa ripida e faticosa. Il toponimo "baésa" pare derivare dall'espressione celta "afsia" o "aésa" con il significato di posto di riposo, di ristoro o - più in gene-rale - tratto di strada agevole non faticoso. L'antico capitello sopraccitato porta una interessante iscrizione: "1855 - Antonio Rigotti, Sborz - di Doláso, fece rinnovare la memoria del caputelo de Baésa per il morbo colera (1534)". Ed in effetti nel 1534 le Giudicarle furono colpite da una gravissima epidemia di colera. Pare, in particolare, che i contagiati venissero confinati, allora, proprio nella zona di Baésa (di qui la antica origine del capitello).

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A Baésa (2), dove nel 1976 l'Amministrazione del Parco Naturale Adamello-Brenta ha compiuto una prima serie di interventi per il restauro paesaggistico della zona, sono ancora evidenti gli imponenti depositi del materiale scavato in zona per la realizzazione della galleria che convoglia l'acqua del fiume Sarca da Carisolo (presso Pinzolo) al lago di Molveno, ora trasformato in bacino della potente centrale idroelettrica di S. Massenza (vicino a Castel Toblino).

2) Dove termina la carrozzabile è stato ricavato un ampio parcheggio. Qui trovasi un caratteristico ristorante-bar denominato "Dolomiti di Brenta": vi si possono gustare alcuni piatti tipici della cucina trentina.

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La galleria ha una lunghezza complessiva di circa 47 km. Realizzata dalla SISM S.p.A. (Società Idroelettrica Sarca Molveno) negli anni sino al 1953, convoglia le acque del fiu-me Sarca nel lago di Molveno, utilizzato come bacino regolatore per la centrale idroelettrica di S. Massenza. Di qui il fenomeno dell'abbassamento del livello del lago durante i mesi invernali. La centrale di S. Massenza, che è tra le più potenti centrali idroelettriche di Italia, ha una potenza installata di 365 MWA. A Baésa viene captata e convogliata in galleria anche l'acqua del torrente Ambiéz.

Da Baésa si sale al ponte delle Scale (pont de le Scale), portandosi quindi sul lato sinistro (salendo) della valle.

Il toponimo ricorda e raffigura le balze rocciose sulla sinistra della valle (dove ora sale la mulattiera), che danno appunto l'idea di una scala. Un tempo la mulattiera saliva sulla destra della valle sino all'altezza di malga Laón dove attraversava il torrente. Risulta che anticamente il ponte fosse denominato "pont dei poiàti". Ciò perché nella zona era in uso produrre il carbone di legna. La tecnica era quella di formare delle cataste di legna a forma di cono allargato, ricoperte di zolle terrose con sfiati laterali ed alla cuspide del cono. Le cataste venivano quindi incendiate avendo cura particolare che la combustione fosse molto lenta, senza cioè bruciare la legna che invece veniva piano piano carbonizzata. Le cataste così formate ed utilizzate erano chiamate, con espressione dialettale, "poiàti" o "poiatéi".

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Dopo breve tratto la mulattiera prosegue quasi pianeggiante. Riprende quindi a salire, attraversando un bel faggeto, in prossimità del dos delle Casine (dos de le Casine) da dove, sulla destra, si stacca il sentiero che conduce alla vicina malga Laón (m. 1112).

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Toponimo di origine incerta. Potrebbe derivare da "lavòn" = lavina, atteso che la zona è periodicamente battuta da lavine e valanghe. Attenzione merita peraltro l'espressione celtica "aén" - "awón" - "aón" con il significato di zona pascoliva, pianeggiante in riva a torrente o fiume (riviera). La malga, che da qualche anno non è più monticata, è stata recentemente ricostruita sulla sinistra del torrente. La vecchia malga, che sorgeva sulla destra, è oggi in completa rovina.

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La mulattiera sale ora più decisamente sino a giungere al ponte di Broca (pont de Broca - m. 1304) - ore 1,30 da Baésa.

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Il toponimo dovrebbe derivare dalla radice "bréch" - "brék" (più frequente) o "bróc" (meno frequente e più antica) con il significato di frattura, rottura, incisione. Ricordiamo che il ponte è appunto gettato su una profonda forra. Appena attraversato il ponte, subito sulla destra, si diparte un sentierino che conduce ad una vicina, piccola, fresca sorgente d'acqua leggermente ferruginosa. Poco a valle del ponte - in ambiente molto suggestivo - il rio Ambiéz disegna una bella cascata.

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Dopo il ponte, la mulattiera si inoltra in una pittoresca e caratteristica forra rocciosa. Percorsa la forra e lasciato sulla sinistra il sentiero che conduce alla malga Senaso di Sotto (3) si giunge in breve al ponte di Paride (pont de Paride) dove, sulla destra, si diparte il sentiero che conduce a malga Ben.

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Sconosciuta l'origine di questo toponimo. Ricordiamo che un tempo lo stesso ponte era denominato "pont al pissadór de Dalùn", probabilmente perché sulla destra, in alto, precipita una cascatella che raccoglie l'acqua della sovrastante vai di Dalùn (cascatella solitamente molto povera d'acqua). "Pissadór" è appunto termine dialettale che serve ad indicare un modesto rivo d'acqua a cascata. Nell'inverno 1976/77 una potentissima valanga si è staccata dagli alti pendii del Corno di Senaso, a quota 2300 circa, scaricandosi a valle del ponte di Paride dove per circa 300 metri lungo il torrente si può ancor oggi osservare un imponente ammasso di alberi sradicati, spezzati, persino frantumati. Per ricordare una valanga altrettanto potente, occorre risalire al tremendo inverno del 1916 quando fortissime nevicate causarono lo stacco di valanghe colossali con conseguenti gravi danni alle cose e numerose vittime tra le persone.

 

3) Poco prima di giungere al ponte di Paride, si notano sulla destra della mulattiera i ruderi di un forno per la produzione della calce (chiamato localmente "calcherà"). Il forno risulta essere stato realizzato negli anni della prima guerra mondiale da un gruppo di prigionieri russi comandati a sistemare la mulattiera della valle. Nell'occasione gli stessi prigionieri avevano iniziato la costruzione della nuova malga Prato di Sotto ed ancora oggi, immediatamente a valle del rif. al Cacciatore, si nota un vasto terrapieno che doveva ospitare il fabbricato della malga. Con la fine della guerra il programma fu abbandonato e la nuova malga Prato di Sotto venne collocata al margine inferiore del pascolo.

 

Salendo ora sul lato sinistro della valle, dopo una brusca svolta sempre a sinistra, si esce sul terrazzo prativo di malga Prato di Sotto. Subito sulla destra sono ancora ben visibili i ruderi della vecchia malga (m. 1689) mentre la nuova malga è visibile più avanti, sulla sinistra, leggermente in basso (m. 1640). Poco sopra dalla mulattiera si stacca, sulla sinistra, il sentiero che conduce a malga Senaso di Sotto. Dai pascoli di malga Prato in breve al rif. al Cacciatore (m. 1819) - ore 1 dal ponte di Broca

Sino all'inizio dei pascoli di Prato la valle è piuttosto incassata, stretta e profondamente scavata: incisa su ambo i fianchi da profondi, ripidi canali, lungo i quali si scaricano durante l'inverno imponenti valanghe; non offre vedute apprezzabili. Dai pascoli di malga Prato, quasi all'improvviso, si apre, diventa vasta ed affascinante, offrendo un panorama davvero indimenticabile su cime imponenti, vertiginose pareti, creste frastagliate, vedrette innevate.

Dal rif. al Cacciatore la salita al rif. Agostini può effettuarsi lungo due itinerari diversi.

 

Il primo di questi itinerari, seguito dai mezzi fuoristrada, porta prima alla nuova malga Prato di Sopra (m. 1887), attraversa quindi il pascolo soprastante la malga (denominato "busa dei malgani") (4) supera un salto roccioso incidendo trasversalmente un ripido ghiaione (all'inizio della salita si diparte, sulla destra, il ripido sentiero che conduce direttamente alla Forcolotta di Noghéra). Con ampie serpentine vince quindi l'imponente ghiaione che scende dalla vedretta d'Ambiéz, raggiungendo il rif. S. Agostini - ore 1,30 dal rif. al Cacciatore (5).

(4) Nella tradizionale organizzazione delle malghe, "malgari" erano chiamate le persone che direttamente accudivano al bestiame, mentre "malgani" erano chiamati i rappresentanti dei proprietari delle bestie, elettivamente scelti tra i proprietari stessi, con il compito specifico di sovraintendere alla gestione della malga, curando -in particolare- le c.d. "pesate" del latte prodotto da ciascuna bestia al fine di attribuire poi ai proprietari la quota di spettanza di burro, formaggio ed altri derivati del latte.

 (5) Questa mulattiera, percorribile dai mezzi fuori-strada, è stata realizzata tra il 1967 e il 1968 dalla Soc. Coop. Rif. S. Agostini in Val d'Ambiéz per iniziativa dell'allora presidente Matteo Armani.

 

Il secondo itinerario è denominato sentiero A. Dallago.

 

Il sentiero, inaugurato il 28.6.1943, è stato realizzato dagli amici di Trento di Adriano Dallago, accademico del CAI, medaglia di argento al valor civile per salvataggi in montagna, caduto -colpito da un fulmine- nell'agosto del 1938 sulla parete sud della Marmolada.

 

Superato il salto roccioso sovrastante, sulla sinistra, il rif. al Cacciatore (la c.d. "scala delle vacche"), si attraversa un folto bosco di pini mughi (la c.d. "mughéra") dove il sentiero compie alcune ripide serpentine. Si sale quindi più dolcemente attraversando vasti terrazzi un tempo rocciosi ed ora sempre più ricoperti da vegetazione. Raggiunto l'imponente ghiaione che scende dalla vedretta d'Ambiéz, il sentiero si sviluppa con numerose, strette serpentine sino a raggiungere il rif. S. Agostini - ore 1,30 dal rif. al Cacciatore.

 

 

 

Dal rifugio S. Agostini a San Lorenzo in Banale attraverso i masi di Déngolo.

 

Itinerario pressoché sconosciuto ai frequentatori della Val d'Ambiéz. Si consiglia di percorrerlo perché la visita ai masi di Déngolo (6) offre una stimolante testimonianza dell'antica e tradizionale economia di vita delle popolazioni giudicariesi. Il sentiero non presenta difficoltà di sorta. Tempo medio di percorrenza: ore 3,30 dal rif. Agostini; ore 2,30 dal rif. al Cacciatore.

6) Incerta l'origine di questo toponimo. Risulta che un tempo la località fosse denominata "Dénglo" (e non Déngolo): di qui la possibilità di derivazione del nome personale celtico "Eglo", dove Dénglo potrebbe significare "possesso di Eglo". Da notarsi che ai piedi della forcella Bregain, appena sopra la malga di Dorsino, vi è un'altra località denominata Eglo. La sezione SAT di San Lorenzo in Banale ha in programma la segnatura in rosso di questo sentiero a brevissima scadenza.

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D. Ongari: "Storia dell'esplorazione dell'Adamello e Presa-nella in "La SAT cento anni (1872 - 1972)": "….. Tre furono gli elementi costitutivi dell'economia delle valli giudicariesi: la coltivazione dei campi, il podere di mezzomonte e l'alpeggio. Nel ciclo produttivo i seminativi di fondovalle avevano funzione complementare a confronto del prato permanente, del podere di mezzacosta e dell'alpeggio. Il podere di mezzacosta, situato per lo più ad una altitudine di poco superiore ai 1000 metri, era ottenuto di solito col disboscamento della selva allo scopo di integrare il fieno di fondovalle con quello di monte, ove soggiornava il bestiame durante la primavera e l'autunno (si precisa che Déngolo ospitava un tempo dai 120 ai 180 capi adulti n.d.a.)….. 

Il rustico principale era la c.d. "casa da mónt" composta da un seminterrato in muratura per uso stalla cui era sovrapposta la struttura in legno del fienile e nella quale pernottava anche il proprietario... Nell'insieme il podere di mezzacosta rappresentava un'economia intensiva a conduzione familiare, ripartita spesso tra più famiglie. A conduzione collettiva era invece l'economia estensiva dell'alpeggio estivo. La malga era la base dell'alpeggio con altitudine media oltre i 1500 metri. Dalla malga si irradiavano le c.d. "poste o mute" che erano dei pascoli marginali ove sostava la mandria per qualche settimana. L'ultima erba oltre i 2000 metri era riservata ai greggi di pecore...".

 

Dal rif. Agostini scendere al rif. al Cacciatore lungo il sentiero Dallago o lungo la mulattiera percorsa dai mezzi fuori-strada - ore 1. Seguire ancora la mulattiera che porta a San Lorenzo sino ai pascoli di malga Prato di Sotto. Dove la mulattiera svolta bruscamente a sinistra, imboccare -proprio sul tornante- il sentiero che conduce a malga Senaso di Sotto (m. 1581). Appena oltrepassata la malga, il sentiero sale verso le pendici della Crona (o Dos Alto). Si attraversa, sempre in leggera salita, un profondo canale roccioso (detto "Tovac": molto spesso, anche in stagione avanzata, ostruito da neve ghiacciata), sino a giungere al margine superiore di una radura erbosa. Qui le tracce di sentiero si perdono. Scendere al limite inferiore della radura sino a ritrovare, sulla destra, il sentiero che si inoltra nel bosco. Prima di entrare nel bosco merita spaziare con lo sguardo verso l'opposto versante della valle: si individua così malga Ben con i ripidi pascoli che la circondano; evidente anche il percorso del sentiero della forcella Bregaín che da malga Prato di Sopra sale verso la Val di Dalún, scende leggermente verso malga Ben per poi attraversare le ripide coste della marcata cresta che dalla cima di Ghez scende verso la forcella Bregaín.

Il sentiero, quasi pianeggiante, attraversa ora la selva del Bondái (loc. Pian Bondái) e dove termina la selva si incontrano i primi masi, circondati da vasti prati falciabili (m. 1300 circa - lungo il sentiero alcune piccole sorgenti).

 

La selva del Bondái è un bei bosco di abete bianco e rosso di origine artificiale: l'impianto fu infatti realizzato dopodiché nel 1885 una potente tromba d'aria aveva distrutto pressoché totalmente l'antica selva, abbattendo circa 2000 mc. di legname. L'utilizzo di questo legname fu assegnato, dal comune di San Lorenzo, a quattro fratelli di Senaso, soprannominati i "zópi", unitamente al taglio di un grosso lotto di larici secolari sito in loc. "laresé" (o "larsé") a quota 1700 circa, poco a valle della malga Prato di Sotto. Per la lavorazione dei tronchi venne piantata, sulla sinistra (salendo) del torrente Ambiéz, tra il ponte delle Scale ed il Dos delle Casine, una sega ad acqua (la c.d. "sega dei zópi") che funzionava per circa 7 mesi all'anno. Durante l'inverno, quando l'acqua gelava, venivano preparati e trasportati i tronchi alla sega. Il legname lavorato veniva quindi venduto a Riva s. Garda con un viaggio che, andata e ritorno, durava 4 giorni. La sega fu attiva per circa 15 anni.

I masi sono oggi in condizioni davvero precarie, alcuni anzi ormai semidiroccati. Si notano ancora rari tetti in paglia, tipica forma di copertura delle antiche case del Banale. Oltrepassata la stazione a monte della moderna teleferica che collega i masi con Baésa, il sentiero inizia a scendere. Incrociata, sulla destra, la mulattiera che scende dai masi di Jon e malga Asbelz, la discesa si fa sempre più ripida sino al ponte di Baésa (m. 789). Questo tratto di sentiero è piuttosto scomodo e per la pendenza e per le cattive condizioni del sottofondo -ore 2 dal rif. al Cacciatore. Dal ponte di Baésa a San Lorenzo: 30 min. circa.

Proprio dalla stazione a monte della teleferica, si può scendere per il sottostante prato sino al limitar del bosco, all'altezza dei ruderi di un antico maso. Qui spostarsi verso destra, entrando nel bosco. Seguire ora una evidente traccia di sentiero che a ripidissime serpentine vince il salto roccioso che separa il pianoro di Déngolo dalla Val d'Ambiéz. Superato un tratto piuttosto delicato, dove è posta in aiuto una scala di legno -peraltro in condizioni molto precarie- si giunge proprio all'altezza della finestra della galleria che porta le acque del fiume Sarca al lago di Molveno. Un comodo ponte permette di attraversare la valle, a poca distanza dal ristorante-bar "Dolomiti di Brenta" di Baésa. Questo sentiero, davvero affascinante per l'audacia del percorso, era usualmente battuto dai valligiani che soggiornavano in Déngolo per raggiungere più rapidamente San Lorenzo.

 

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